Pordenone una guida

TOP5, inedite e originali classifiche delle guide incentro

TOP5 Gli affreschi del Pordenone
Ecco le opere del grande pittore Giovanni Antonio de’ Sacchis nella sua città natale. Dipinti notevoli si trovano anche nei dintorni, come segnala tra gli altri Francesco Boni de Nobili nella sua Guida ai luoghi e alle opere di Giovanni Antonio de’ Sacchis nella provincia di Pordenone.

1.  La pala della Madonna della Misericordia, del 1515-16, si trova all’interno del duomo ed è oggi riconosciuta come un capolavoro dell’arte veneta, rappresentativo della prima maturità dell’artista. Le figure della Madonna, di san Giuseppe, che tiene in braccio il bambino, e di san Cristoforo, che guada il fiume, presentano una monumentalità inedita per l’epoca e una certa libertà nei movimenti. Sotto il mantello della Vergine sono dipinti il committente, Giovanni Francesco da Tiezzo, e i suoi famigliari. Sullo sfondo, il castello con lo stemma d’Austria.

2. Il San Rocco, del 1515-18, è raffigurato sul pilastro ottagonale di destra, nel duomo. Secondo la tradizione, il volto del santo sarebbe l’autoritratto del pittore. L’affresco riporta anche un’iscrizione che sembra non aver nulla a che fare con il dipinto, fatta a mano con una punta metallica, a ricordare un fatto eccezionale: il 12 novembre 1523 ci fu una nevicata talmente abbondante che i pordenonesi furono costretti a spalare neve dai tetti, per evitare che il peso eccessivo provocasse crolli.

3. Il San Gottardo tra i santi Sebastiano e Rocco fu realizzato dal de’ Sacchis nel 1525-26 su commissione della confraternita di questi tre santi, per la demolita chiesa di San Gottardo fuori le mura. Si trova nel museo civico. Il santo rappresentato è il vescovo benedettino vissuto nella seconda metà del X secolo e canonizzato nel 1131: san Gottardo di Hildesheim. Il maestoso personaggio addita le pagine di un grande volume aperto sulle sue ginocchia. Ad affiancarlo i due santi ritenuti efficaci contro le pestilenze: Sebastiano e Rocco. Mentre il primo rivolge gli occhi al cielo, il secondo
guarda l’osservatore, indicando con il dito la piaga. Da notare i due putti musicanti ai piedi delle figure.

4. Gli scomparti del fonte battesimale, del 1534, sono stati trasferiti dal duomo, dove ci sono le copie, al museo. Si tratta di quattro tavole verticali in pioppo dipinte dal Pordenone, con episodi salienti della vita di Giovanni Battista, che spiccano per la vivacità della narrazione: la Nascita, con il miracoloso gesto di ergersi in piedi del bambino, appena partorito da santa Elisabetta, la Predicazione dell’avvento del Redentore, il Battesimo di Cristo a opera di Giovanni e
la sua decapitazione, con il Banchetto di Erode. Gli sfondi ritraggono paesaggi montuosi e acquatici tipici del Friuli.

5. Il Ballo campestre, del 1534-35, si sviluppa in larghezza, alla stregua di un fregio. Fu realizzato totalmente su intonaco asciutto, per decorare l’interno di palazzo Rorario, demolito intorno alla metà del XIX secolo. Oggi è conservato nel museo civico. Si ritiene che l’ideazione sia del Pordenone e che sia stato realizzato da un pittore della sua scuola. A noi di incentro piace per l’ambientazione: una finestra aperta sui costumi dell’epoca, che ci permette di vedere oltre le più usuali immagini sacre. Sono raffigurati suonatori di pive e trombe e danzatori, immersi in un dolcepaesaggio bucolico. All’epoca, cominciavano a diffondersi in Friuli balli popolari che ben presto divennero famosi, ad esempio la furlana, di cui si trovano tracce successive, a partire dal XVI secolo. Si narra che si danzasse in cerchio, a gruppi di due o quattro persone. Forse l’intenzione era proprio quella di rappresentare gli inizi di questa tradizione popolare.