Trieste una guida

Le TOP5, inedite e originali classifiche delle guide incentro

I MOTI DI SPIRITO “FISICI” DEI TRIESTINI
Ovvero come capire meglio i triestini sulle orme del motto “mens (in)sana in corpore sano”

1) Speleologia e grotte. Alcuni studi bioenergetici (a noi della guida incentro annoia parecchio il positivismo illuminista!) hanno dimostrato che nella nostra bella città, non a caso nominata “La città dei matti”, è particolarmente diffusa la ‘pazzia’ a causa di due fattori fondamentali. Uno proviene dal basso: a Trieste ‘manca la terra sotto i piedi’,
essendo il Carso tutto bucherellato da grotte di ogni forma e dimensione. L’altro invece ci piove o meglio soffia dal cielo, perché noi triestini abbiamo spesso la testa tra la bora più che tra le nuvole e questa, arruffando i capelli, sembra riesca ad ingrovigliare per bene anche i pensieri! Fatta questa premessa non ci parrà più tanto strano sapere che le grotte, i sotterranei e qualsiasi cunicolo sotto la superficie terrestre siano una vera e propria ossessione anche per il più pigro dei triestini (e persino i claustrofobici come la qui presente fantasticano in segreto di raggiungere mondi sotterranei dove incontrare prima o poi Il Re del Mondo di ‘guénoniana’ memoria). Come tutte le vere ossessioni, pervadendo ogni ambito della vita dell’individuo non si limitano a indurlo all’esplorazione delle numerosissime cavità naturali dell’altipiano (la famosissima grotta Gigante, le più piccole grotta Azzurra e grotta dell’Orso solo per citarne alcune) ma lo spingono fino al ventre cittadino, dove orde di speleologi hanno perlustrato e scoperto moltissime cavità urbane, alcune delle quali visitabili anche da chi speleologo proprio non è. Solo per citarne alcune: i famosi sotterranei dei Gesuiti a Santa Maria Maggiore, la Kleine Berlin (Piccola Berlino) in via Fabio Severo.…Per andare letteralmente “a fondo” della questione vi consigliamo la lettura di Trieste sotterranea di Halupca.

2) Alpinismo e arrampicata. È un’antica tradizione quella che lega i triestini alla montagna. Se a tutti, addetti ai lavori e non, suonano familiari due grandi nomi dell’alpinismo italiano come Emilio Comici, nato a Trieste nel 1901 e Julius Kugy, nato nella vicina Gorizia nel 1858, forse meno noti sono gli storici rappresentanti della Scuola Alpinistica XXX Ottobre, tra cui spiccano i nomi di Enzo Cozzolino e Tiziana Weiss, prematuramente scomparsi tra le rocce che tanto hanno amato in vita. La loro passione continua a riflettersi nell’animo sportivo che tutti i triestini, più o meno inconsciamente, hanno dentro di sé. Non sarà quindi strano vedere gruppi di arrampicatori fendere con passo felino le pareti della Napoleonica, un teatro aperto sul mare amatissimo dai free-climbers giuliani, anche se pressoché ogni zona del Carso regala falesie adatte alle gambe e alle braccia allenate dei più temerari: dalle rocce maestose della Costiera, la Val Rodandra e le pareti di Bagnoli fino al confine sloveno dove le falesie di Ospo e di Mišja Pec regalano panorami emozionanti.

3) Mare, vela e sub. Una città in cui un gruppo di instancabili signori (che ormai la mezza età l’hanno superata da un po’) si tuffa ogni anno in mare il primo gennaio per festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo e dove un prete/sub svolge da trentotto anni la messa subacquea in Marina, proprio di fronte a piazza Unità, il giorno di Santo Stefano con il Sub Sea Club cittadino, è indubbiamente una città che sente il mare scorrere nelle vene. Se poi a questi estremi aggiungiamo manifestazioni di livello internazionale come la splendida regata la Barcolana in cui migliaia di barche a vela fendono le onde del golfo triestino durante una ventosa (si spera!) domenica di ottobre, o le decine di società veliche che si susseguono lungo tutta la costa, capiremo subito che il mare è un elemento vitale per Trieste e per i suoi abitanti che non si accontentano di viverlo solo pochi mesi in estate, ma pretendono di domarlo e di annusarne il profumo trecentosessantacinque giorni all’anno.

4) Andar “su per le alte” per “osmize” o per raccogliere funghi e asparagi. Intere famiglie e gruppi di amici si riuniscono nei caldi week end primaverili o nelle umide giornate d’autunno per andare a caccia delle prelibatezze che offre madre terra: asparagi, luppolo selvatico, rametti di pungitopo oppure funghi di ogni genere arricchiscono le tavole imbandite delle domeniche triestine. Quando il bottino è sufficiente si batte in ritirata a preparare per sé e per i propri commensali una deliziosa frittatona agli asparagi o un gustoso risotto con i funghi. Se invece i ritmi della vita moderna ci hanno resi troppo pigri e abbiamo perso l’istinto di raccoglitori, potremmo gustare le prelibatezze di stagione, insieme al vino domace (della casa) e a quantità
importanti di salumi e formaggi carsolini, in una delle tantissime osmize che costellano il Carso triestino. Basterà seguire le ‘frasche’ per raggiungerle e per scoprire questa
particolarità tutta carsolina, risalente, si dice addirittura ai tempi di Carlo Magno, ma consolidata sotto l’Impero asburgico, quando si concesse ai piccoli produttori locali di
vendere per otto giorni (da osem, otto in sloveno) il proprio vino sfuso e i propri prodotti trasformati in fattoria. Cercate su internet o sulla guida alle osmize che troverete in libreria o in edicola la lista delle osmize aperte nei diversi periodi dell’anno e provatele senza remore, non ve ne pentirete!

5) Andar in ‘Jugo’. Anche se la Jugoslavia non esiste più e al suo posto sono sorti stati indipendenti, ogni triestino che si recherà oltre confine nei week end per mangiare in un’ottima gostilna (trattoria in sloveno), per andare al mare d’estate o semplicemente per fare benzina a pochi metri dal confine o la spesa in qualche ipermercato di Koper (Capodistria) per risparmiare qualche Euro sul conto, vi dirà che sta per “andar in Jugo”, tanta è la forza evocativa che quel confine (che oggi non esiste più) ha avuto e continua ad avere per questa città. Nella storia personale di qualsiasi triestino ci sono le infinite code al confine che si superavano per comprare sigarette, carne e alcoolici a buon mercato o lo sfrecciare orgoglioso di chi passava le dogane minori, sconosciute a chi veniva da fuori, sventolando la propusnica (lasciapassare) che permetteva ai residenti di queste zone di circolare in quella che subito dopo il ’45 diventerà la zona B. Sarebbe forse ora di mettere il passato al suo posto e di guardare avanti, perché la storia da queste parti non è ancora vissuta come tale, e provare a concentrarsi sul futuro e sulle sue infinite possibilità, ma questo sembra un processo ancora piuttosto lontano dall’essere compiuto.